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Meloni contro Stellantis, addio al marchio italiano

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Anna Maria Fondi

Sembra proprio non esserci tregua per i molti dipendenti dello stabilimento abruzzese di Atessa, uno dei più grandi d’Europa. A circa 570 operai e 30 impiegati, Stellantis ha infatti annunciato qualche giorno fa, la decisione di prolungare la cassa integrazione.

Già lo scorso 14 maggio era stata comunicata a 400 lavoratori, una prima cassa integrazione della durata di due settimane a cominciare dal 10 giugno.

Cassa integrazione prolungata per 500 dipendenti (Instagram@videocitta.media) Bicizen.it

Ricordiamo che la decisione si era resa necessaria a causa delle calate vendite, soprattutto del furgone Ducato della Fiat. Certo, la decisione del prolungamento della cassa integrazione ha creato non poco stupore. Solo qualche mese fa, l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares, aveva infatti manifestato l’intenzione di aumentare la produzione di questo veicolo per incentivare la vendita dei mezzi commerciali. L’obiettivo di Tavares sarebbe quello di rilanciare in questo modo gli stabilimenti italiani, nello specifico si è parlato di tre nuove produzioni che riguarderebbero lo stabilimento di Mirafiori, dove da mesi gli operai sono in cassa integrazione, quello di Melfi in Basilicata e quello di Cassino nel Lazio.

Ci sarà un accordo tra Tavares e la Meloni?

E’ indubbio che i progetti di Tavares siano ben visti dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni, specialmente dopo gli evidenti scontri avvenuti tra i due. Un rapporto difficile quello creatosi sia per ragioni politiche che per motivi economici.

Giorgia Meloni contro Tavares per difendere il marchio italiano (Instagram@giorgiameloni) Bicizen.it

Da una parte infatti Fratelli D’Italia con a capo la Meloni, criticano Stellantis per aver in un certo senso favorito gli stabilimenti francesi del ramo di PSA, piuttosto che quelli italiani. L’obiettivo di Tavares sarebbe quello di rilanciare in questo modo gli stabilimenti italiani. Nello specifico si è parlato di tre nuove produzioni che riguarderebbero lo stabilimento di Mirafiori, dove da mesi gli operai sono in cassa integrazione, quello di Melfi in Basilicata e quello di Cassino nel Lazio. Quello su cui ha sempre tenuto porre particolare attenzione la Meloni, è il fatto che non puntando sugli stabilimenti italiani, l’economia e l’occupazione del paese non potranno che subire effetti sempre più negativi.

Ma oltre a questo c’è un altro fattore che il presidente ha voluto mettere in risalto, ovvero il rischio purtroppo reale, che il marchio Fiat non venga più considerato come un marchio Italiano e dirgli addio sarebbe sicuramente una delusione per il paese intero. Per tutta risposta Tavares, colpevolizza il governo di non incentivare in modo sostanziale le aziende automobilistiche e di non mettere a disposizione abbastanza incentivi per l’acquisto di auto. Ad incrementare il polverone ci ha pensato anche il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso il quale, in occasione della presentazione del nuovo modello della Alfa Romeo, ha dichiarato che: “un’auto chiamata Milano non si può produrre in Polonia. Questo lo vieta la legge che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, una legge che prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore.

Tavares ha cercato di spiegare che la ragione per cui questo modello è stato prodotto all’estero ma è destinato ad essere venduto in Italia, è puramente economica. Il costo del lavoro in Polonia è effettivamente più basso che in Italia. In pratica, se l’auto fosse stata prodotta nel nostro paese, sarebbe costata circa 40.000 euro invece che 30.000. In realtà ci sarebbero delle incongruenze in quanto affermato da Urso. La legge si rivolge infatti alle denominazioni commerciali che vengono usate sotto marchi tipici italiani ma che di fatto si applicano a beni prodotti all’estero.

E’ piuttosto chiaro che la produzione della Milano non rientra quindi in questo tipo di reato. In fondo nel 1957 e poi ancora nel 2008, anche la Ferrari produsse a Maranello la 250 GT California per poi venderla sul mercato americano. Cosi come la Ford, produsse in America la Ford Capri e la Ford Cortina. Una cosa però è certa, che a prescindere dall’interpretazione che si vuole dare alla legge, tutti ci auguriamo che il marchio italiano non svanisca completamente per rimanere solo un bel sogno.

 

 

 

 

 

Anna Maria Fondi

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