Marco Pantani era una leggenda del ciclismo, ed anche i numeri dimostrano quanto fosse superiore agli altri. Ecco la verità sul Pirata.
Il ciclismo italiano ci ha dato la possibilità di ammirare dei campioni assoluti, vere e proprie leggende sin dai tempi di Alfredo Binda, Gino Bartali e Fausto Coppi. Venendo ai nostri tempi, Marco Pantani è senza dubbio il campione più rappresentativo, avendo vinto ben 46 volte in carriera, con i migliori risultati ottenuti nelle corse a tappe. Nello stesso anno, il 1998, vinse sia il Giro d’Italia che il Tour de France, entrando così nella ristretta cerchia di fenomeni che sono riusciti in questa impresa.

Pantani ha vinto anche la maglia di bronzo ai mondiali in linea del 1995, dimostrandosi forte e completo in ogni tipo di specialità. Il Pirata scrisse la storia nei panni di scalatore, dominando la fine degli anni Novanta sino all’infausta squalifica per doping che lo colpì nel 1999, a Madonna di Campiglio, durante il Giro d’Italia da cui venne sospeso. Da quel momento in poi, la sua vita divenne un calvario, sino alla morte del 14 di febbraio del 2004, quando fu trovato privo di vita a Rimini. Eppure, nel corso della sua carriera, aveva dimostrato tante volte di avere un passo diverso da tutti gli altri, ed era impossibile prevederne una fine così drammatica.
Pantani, questo grafico mette in mostra la sua superiorità
Nel video qui postato, caricato sul canale YouTube “Marco M“, vediamo due splendide testimonianze di persone molto vicine a Marco Pantani. Il primo a prendere la parola è Andrea Agostini, amico e coetaneo del Pirata, nonché compagno ciclista. I due corsero insieme da dilettanti. Colui che mostra il grafico del wattaggio è Giuseppe Pino Roncucci, colui che ne scoprì il talento e fu il suo primo allenatore: “Qui c’era il cuore, il grafico dei battiti, o i watt o chilometri“, esordisce Roccucci, introducendo alla spiegazione del grafico mostrato nel video.
Pantani era strabiliante anche nei numeri, e quanto raccontato da Roncucci ne è la conferma: “Ogni tot minuti, occorreva incrociare il wattaggio con i battiti del cuore. Quando il battito va sotto, c’è il punto massimo in cui lavora senza andare in acidosi. Lui lavorava in questo modo sino a 400 watt. Per avere un dato ancor più preciso, si dividono i watt per i chili. 400 watt divisi per i 55 kg che pesava lui dava circa 7,8 watt per kg, che era una pazzia. Massimo trovavi gente da 5 e mezzo, e quando sforava quel limite lavorava con l’acido nelle gambe. Di solito, in queste condizioni si lavora per massimo 40 secondi, lui lo faceva sino a due minuti e mezzo“.